Acquistare il pesce con consapevolezza. La pesca, ieri oggi e domani

Dalle catene ristorative all’acquacoltura di precisione, dalle app alla pescaturismo: la filiera della pesca guarda al futuro. A Roma un incontro, voluto da LegaCoop, che ha coinvolto GDO e istituzioni, per elaborare strategie di crescita e fare il punto sull’innovazione messa in campo dalle imprese.

Parliamo di freschezza, sapore, cotture e abbinamenti, ma spesso ci scordiamo che il pesce, quello che mangiamo, è frutto di una filiera, tra le più tracciabili (forse troppo, secondo tanti critici della burocrazia), che ha una storia tanto antica quanto bisognosa di guardare al futuro. Dalle onde alle aste, dal mercato al piatto, la pesca è sottoposta a riflessione continua, e dal punto di vista normativo e da quello economico e culturale.

Al centro una serie di paradossi che rendono il settore “speciale”: il pescatore sfrutta un bene che è limitato e per continuare a sfruttarlo/valorizzarlo deve sottoporsi a restrizioni e vincoli molto pesanti (come il fermo pesca). Si vedono, per questo, spesso contrapposti il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali (alle spalle l’Unione Europea), da un lato, le imprese di pesca, dall’altro, in Italia riuniti spesso in cooperative. Al centro della discussione il rispetto dell’ecosistema marino, il ripopolamento degli stock ittici, l’equo compenso dei pescatori, gli ammortizzatori sociali, la valorizzazione di tecniche tradizionali.

LegaCoop fa il punto sulle criticità del settore pesca in Italia

LegaCoop, gigante della cooperazione che nel suo Dipartimento Pesca conta 300 cooperative e 95 imprese (circa il 25% della produzione nazionale), ha lanciato lo scorso 5 dicembre un confronto fra gli attori della filiera, dalle istituzioni ad alcuni rappresentanti della GDO, per avviare un percorso di rinascita e superare le difficoltà del settore. Ed eccoci davanti al vero paradosso: a fronte di una domanda che cresce (e che supera l’offerta) la categoria è in sofferenza da tempo. Detto in soldoni: dati del 2015 ci dicono che i cittadini europei hanno speso 54 miliardi di euro nell’acquisto di materia prima ittica, la cifra più alta mai registrata; al contempo in Italia 17 mila sono i posti di lavoro persi negli ultimi anni nel mondo pesca. “Queste perdite, soprattutto nel nostro paese, non rappresentano solo numeri, ma equivalgono al rischio di scomparsa di un intero patrimonio umano e culturale: quello delle marinerie, delle tecniche tradizionali tramandate nelle comunità, di padre in figlio“: è netto il Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali Giuliano Poletti. Chiamato in causa da Legacoop, Poletti dipinge la pesca come settore in mutamento: “Una volta era solo prelevamento del pesce, oggi è un campo ibrido che sconfina nel turismo, nella gastronomia, nell’ecologia (la relazione con l’ambiente è imprescindibile), nella formazione“.

Le iniziative dei pescatori

L’invito del Ministro è a estrarre valore da tutta la catena: ci vogliono, dice, capacità di fare impresa e di produrre opportunità. E i pescatori, c’è da dire, ce la stanno mettendo tutta per evolversi, a partire dall’innovazione tecnologica. Per coniugare pesca locale e turismo, ad esempio, la Cooperativa San Marco di Burano ha sviluppato, in collaborazione con Regione Veneto, un’attività di pescaturismo coadiuvata da una video-audioguida (chiamata iLagoon) pensata per integrare l’esperienza pratica delle escursioni con informazioni digitali su mestieri, tradizioni e produzioni. Per accorciare la filiera e renderla più trasparente, valorizzando il prodotto locale, l’Organizzazione Produttori Bellaria Pesca si è dotata dell’applicazione APPena pescato, diretta a grossisti, commercianti, ristoratori e consumatori finali per comunicare le tipologie di pescato giornaliero ed effettuare direttamente gli acquisti. Iniziativa analoga per la cooperativa Pescatori dello Jonio che ha lanciato l’app Pesce a Miglio zero, che inoltra quotidianamente notifiche sul pescato in arrivo agli utenti iscritti. Certo che, oltre all’iniziativa e alla creatività, in un campo che deve sospendere le attività obbligatoriamente in alcuni periodi dell’anno il sostegno delle istituzioni è imprescindibile: il fermo pesca crea disoccupazione, servono ammortizzatori sociali, bisogna far cassa (l’ultimo decreto in materia è attualmente all’approvazione della Corte dei Conti).

Italia vs Europa

Ma dal punto di vista concreto – per le decisioni sulle quote di pesca, ad esempio, o per lo stanziamento di fondi – la battaglia principale si gioca a Bruxelles. Dalla Commissione per la pesca del Parlamento Europeo (PECH), la parlamentare Renata Briano ricorda che in Europa mangiamo solo per un 20% pesce europeo – il resto è prodotto importato – e che la maggioranza delle frodi alimentari viene attuata proprio su prodotti di importazione. Se è fondamentale, quindi, incentivare il consumo di pesce locale, bisogna confrontarsi spesso con decisioni dell’Unione non sempre favorevoli all’Italia. La battaglia nella PECH, secondo la Briano, oggi verte su un anello fondamentale della trasparenza di filiera: quando è stato pescato il pesce? Informazione che noi italiani saremmo pronti a mettere in etichetta, ma che invece le lobby della grande pesca, soprattutto nel Nord Europa, osteggiano per ovvi motivi, trattandosi di rappresentanti di flotte che stanno via molti giorni prima di sbarcare.

Un possibile futuro per i pescatori

Altro nodo – portato alla luce dall’europarlamentare Rosa D’Amato – è la competitività del nostro sistema nazionale: siamo i terzi in Europa per volume di pesca, dopo Francia e Spagna, e nonostante questo dipendiamo pesantemente dalle importazioni. Nel “Report on the role of fisheries-related tourism in the diversification of fisheries“, mozione per una risoluzione del Parlamento Europeo, si fa luce su quanto le comunità tradizionali di pesca siano state sotto pressione negli ultimi anni, in tutta Europa, a causa del sovrasfruttamento e della conseguente riduzione gli stock ittici, ma anche del cambiamento climatico, dell’inquinamento, del calo demografico e della mancanza di appeal della professione del pescatore. Dato che i primi a non beneficiare del plusvalore della filiera sono proprio i pescatori e che per la maggior parte si tratta di aree geografiche di interesse turistico, anche nel report europeo la conclusione è una: la diversificazione dei mestieri, integrando nella pesca tradizionale il turismo a essa correlato, potrebbe contribuire a creare posti di lavoro e a rivitalizzare le comunità che dalla pesca dipendono economicamente.

Esempi concreti di pescaturismo e ittiturismo

Dal pescaturismo all’ittiturismo, passando per le attività acquatiche, alla pesca ricreativa all’amo o alle azioni di sostegno alla biodiversità marina. Esempi vincenti ancora una volta tra le coop di pescatori: molti hanno già deciso di affiancare la ristorazione al lavoro in barca. Esempio lampante la cooperativa pescatori di Fano, che ha dato vita a una vera e propria catena di ristoranti, chiamata Pesceazzurro, in cui si cucina e si vende pesce fresco e locale. Ulteriore passo il lancio di Cibidamare: una linea di 12 sughi pronti, prodotti in uno stabilimento d’avanguardia, per penetrare con tutti i requisiti nel mercato più appetibile, quello della Grande Distribuzione Organizzata. Proprio nel fare rete con gli attori della GDO, secondo LegaCoop Agroalimentare, si troverebbe la chiave di volta.Se la grande distribuzione decide di valorizzare il prodotto locale può far crescere enormemente il settore e garantire ai consumatori qualità e tipicità. Entrare nella GDO e nella ristorazione collettiva vuol dire, però, per le imprese soddisfare requisiti igienico-sanitari ben precisi, che arrivano solo con il controllo attento della distribuzione e della commercializzazione e con l’innovazione tecnologica nella trasformazione.

L’acquacoltura

L’acquacoltura, che in Italia raggiunge livelli qualitativi piuttosto alti, ha risposto all’appello con alcuni esempi virtuosi, come quello del Consorzio Pescatori di Goro, in provincia di Ferrara, che nella filiera delconfezionamento dei molluschi vivi ha introdotto un sistema di packaging sottovuoto in termosigillatura che consente di mantenere gli alimenti freschi più a lungo; stesso discorso per la Almar di San Giorgio di Nogaro(Udine) che ha anche adottato un sistema di precisione – con applicazione del gps alle imbarcazioni – per ridurre l’impatto ambientale degli allevamenti lagunari.

Esempi virtuosi di utilizzo consapevole della materia prima

In Sardegnail Nuovo Consorzio Cooperative Pontis ha puntato sul muggine: per eliminare gli sprechi – il muggine (o cefalo), nonostante sia sano e buono, viene valorizzato solo per la bottarga di Cabras – è stata avviata la produzione di filetti affumicati, ottenendo un prodotto locale che ha conservabilità e, quindi, maggiori potenzialità economiche.

Altro modello da seguire quello elaborato dalla cooperativa toscana Mare Nostrum, che ha brevettato un processo di preparazione del pescato che agisce su temperatura, umidità e ossigeno, per aumentare la shelf-life del prodotto. Privilegiando specie meno note e pesce azzurro, i pescatori viareggini sono riusciti a entrare nelle mense scolastiche cittadine, operando anche in un’ottica di sostenibilità e di educazione alimentare.

Un pesce eccezionale, il tonno bianco alalunga, è oggi al centro del lavoro della cooperativa Mare dell’Etna di Portopalo di Capo Passero: grazie a processi tecnologici, come la cottura in salamoia, l’abbattimento rapido della temperatura, la cella di asciugatura e la sterilizzazione in forno, la cooperativa realizza conserve di gran qualità, dai filetti alla ventresca, che ridanno vita alla cultura gastronomica locale e alle antiche lavorazioni siciliane del pesce, portandole, però, nel XXI secolo. Altro che scatolette.

 

a cura di Pina Sozio

 

Fonte : http://www.gamberorosso.it/it/food/1046477-acquistare-il-pesce-con-consapevolezza-la-pesca-ieri-oggi-e-domani

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